Tecnologia Neurofeedback biofeedback

La tecnica del neurofeedback è utilizzata da diversi anni sia in ambito sperimentale, sia in campo clinico e riabilitativo (Lubar, 1997). Di tale tecnica è stato proposto l’uso terapeutico in patologie quali la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Rossiter, 1955; Linden, 1996; Monastra, 2002; Fuchs, 2003) o l’emicrania (Jensen 2007). Si tratta di un approccio non invasivo assai efficace nel migliorare la neuroregolazione e la funzione metabolica (Coben, 2005). Il neurofeedback, chiamato anche neurobiofeedback, è un tipico controllo a retroazione che sfrutta la registrazione di un segnale biologico (elettrocardiogramma, elettromiogramma, elettroencefalogramma) per produrre un segnale sonoro, visivo o tattile da somministrare al paziente. In questo modo il soggetto impara ad influenzare l’attività muscolare, cardiaca e cerebrale autoregolamentandola.

I segnali acustici, visivi e tattili sono dunque utilizzati come avvertimento per adottare strategie di controllo ed imparare a controllare volontariamente la funzione monitorata. Alla base della terapia di biofeedback si trova la teoria comportamentista (JB Watson, Behaviorism. University of Chicago Press, 1930).

Il neurofeedback, come una forma di intervento terapeutico, nasce con Barry Sterman (1972), che ha mostrato l’efficacia di questa tecnica nel controllo delle convulsioni quando veniva aumentato nei soggetti epilettici il ritmo sensomotorio delle onde cerebrali. Pochi anni dopo, nel 1976, Joel Lubar pubblicò il primo dei suoi numerosi studi che utilizzano in neurofeedback negli studenti con diagnosi di deficit di attenzione e iperattività (Lubar 1997), seguito dalla ricerca di Linden (1996) che ha dimostrato che un aumento delle onde corticali beta e una diminuzione delle onde teta in certe zone dello scalpo erano associati a miglioramenti dell’attenzione, dell’impulsività e dell’iperattività. I loro risultati supportavano precedenti ricerche di Lubar e hanno indicato miglioramenti significativi in ​​termini di attenzione e intelligenza rispetto ad un gruppo di controllo.

Il Neurofeedback non è invasivo

L’ASD è una malattia caratterizzata da menomazioni dell’interazione sociale, della comunicazione verbale e da comportamenti ripetitivi (Commissione Europea 2005). in particolare, questi soggetti presentano una compromissione qualitativa nei domini sociali e di comunicazione, nonché nello sviluppo del pensiero e della fantasia (Wing, 1979). Le attuali modalità terapeutiche sono limitate a farmaci somministrati per via orale, alla terapia comportamentale e ad altre modalità come diete ed l’assunzione di vitamine. Questo è uno dei motivi per cui il neurofeedback non invasivo è stato sempre più utilizzato in bambini affetti da ASD. (spettro autistico)

Il neurofeedback potrebbe quindi essere visto come un supporto efficace da utilizzare in parallelo agli altri interventi terapeutici di uso corrente in questa patologia frequente ed impegnativa.

L’attività cerebrale è caratterizzata da onde elettroencefalografiche di differente frequenza ed ampiezza (Alfa, Beta, Delta, Gamma e Teta). Nei soggetti non affetti da ASD, il sonno profondo (fase 3 e fase 4) è ad esempio caratterizzato da un’elevata attività Delta, che scompare al risveglio. I soggetti affetti da ASD presentano invece una continua attività Delta durante sonno e veglia (Teplan 2002). In uno studio comparativo eseguito su bambini non affetti da ASD e bambini affetti da ASD si è concluso che l’attività asimmetrica del cervello nei bambini con ASD è causato da una maggiore attività delle onde delta (Stroganova 2007).

“Mente Autism” è un dispositivo di neurofeedback per uso domestico, composto da una fascia per la registrazione elettroencefalografica, da un software e da due auricolari. Lo scopo della terapia neurofeedback “Mente Autism” è l’analisi in tempo reale dei dati di EEG e della loro conversione in musica (battiti binaurali) utilizzando una serie di metodi computazionali. La sua tecnologia brevettata crea infatti una rappresentazione uditiva delle onde cerebrali alfa, beta e delta (Trevisan 2013). Con la lettura e l’elaborazione dei segnali elettroencefalografici, “Mente Autism” rileva le onde cerebrali anomale nei bambini con ASD e crea un segnale a feedback capace di determinare una risposta adattativa nell’arco di alcune settimane di utilizzo.

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